I giochi sono modi di funzionare, modi di entrare in contatto con il mondo, utilizzati sin dall’infanzia per gestire al meglio l’ansia che deriva dalla relazione con i genitori e altre figure di accudimento.
I giochi si esprimono in una sequenza di azioni predefinite, sono un modo di rispondere alle diverse circostanze ma in modo sempre uguale.
In genere questi giochi relazionali sono fastidiosi perché ci si trova invischiati sempre nelle stesse dinamiche relazionali con relativi vissuti emotivi caratterizzati da inadeguatezza, colpa, rabbia, tristezza, rimorso.
Ecco alcuni giochi:
Copione “Perché non….Si ma”
Maria è una collega di Antonio che le dice:
«Temo che sia successa una cosa terribile, ho litigato con la direttrice, mi sono alzato e sono andato via sbattendo la porta e ora non so come uscire da questa situazione.
«Mi dispiace» dice Maria con aria preoccupata, «che posso fare per aiutarti?».
«Non lo so» dice sconsolato il collega.
«Perché non chiedi di parlare in privato con la direttrice così da chiarire?».
«Questo è il problema», dice il collega,«la direttrice mi incute timore».
«Beh, potrei provare a parlarci io se vuoi».
«Carino da parte tua», dice il collega, «ma a dire la verità non voglio passare per quello che non sa affrontare da sé le questioni».
«Ok allora se vuoi possiamo parlarci insieme?».
«Grazie», dice il collega «ma credo che non riuscirei a sentirmi a mio agio».
Cade il silenzio mentre Maria si spreme il cervello alla ricerca di nuove idee, ma non ne trova altre.
Il collega ringrazia e se ne va.
Maria si sente dispiaciuta per non essere stata capace di aiutare il collega e nel frattempo il collega è indignato e arrabbiato perché nessuno può aiutarlo.
Sia per Maria che per il collega questa scena è una riproposizione di molte altre successe nel passato.
Maria molto spesso offre aiuto e consiglio e poi si sente a disagio quando non lo accettano.
Per il suo collega l’esito della cosa è altrettanto familiare,Finisce sempre in qualche modo col rifiutare l’aiuto che gli
viene offerto, contemporaneamente sentendosi arrabbiato e abbandonato da tutti.
Maria e il suo collega stanno giocando una coppia di giochi che molto spesso vanno insieme.
Il gioco di Maria è: «Perché non?» quello del suo cliente gioca è: «Sì, ma…».
Perché non … Sì, ma.
Questo è stato il primo “gioco” descritto da Berne.
È un “gioco” molto diffuso in cui c’è una persona nel ruolo di Vittima ed una o più nel ruolo di Salvatore.
La Vittima (il collega) presenta un problema e il Salvatore (Maria) propone diverse soluzioni, tutte bocciate per questo o quel motivo dalla Vittima che risponde ogni volta con un “Si, ma”.Una Vittima che sa il fatto proprio può andare avanti per moltissimo tempo prima che il “gioco” subisca una svolta.
In genere i Salvatori finiscono presto o tardi per cambiare ruolo e per finire nella Vittima (“Mi dispiace, cercavo solo di aiutarti!”) o nel Persecutore (“Ora mi hai stufato, veditela da solo!”).Anche la Vittima può cambiare di ruolo e, eventualmente, passare nel ruolo di Persecutore ( “E certo, per
te è facile parlare con la direttrice, tu sei ben voluta”).
Ovviamente la Vittima non gioca per ottenere davvero una soluzione al proprio problema, quanto piuttosto per convincere anche gli altri e dimostrare a se stessa che il proprio problema è irresolubile e mantenersi nel ruolo di Vittima indefinitamente.
Se vi accorgete di essere invitati a ad una partita di “Perché non … Sì, ma” nel ruolo di Salvatore e non volete parteciparvi, il consiglio è di empatizzare e di stimolare l’altra persona a ragionare con la propria testa:
“È un problema difficile, mi dispiace. Tu che cosa pensi di fare?”.