Quante piccole e scontate azioni di ostilità viviamo quotidianamente verso noi stessi! Gesti che rientrano nella normalità della nostra vita come mangiare tanto, fare diete durissime, bere troppo, accendersi la sigaretta, lavorare troppo: abitudini che si trasformano in stili di vita. L’ostilità nei nostri confronti trova conforto nel racconto che facciamo a noi stessi quando lavoriamo troppo perchè “dobbiamo” portare lo stipendio a casa o quando mangiamo troppo perchè non resistiamo ad un impulso. In realtà se restiamo in ascolto del dialogo interiore tra le voci che abitano il nostro psichismo l’ostilità sommersa emerge con chiarezza e a volte anche con virulenza.
Quando ci rimproveriamo di non aver fatto le scelte giuste a suo tempo o di non essere stati capaci di difenderci da persone manipolatrici, quando ci sentiamo in colpa per aver provocato un litigio con la persona amata, quando davanti alla risposta inaspettata di un figlio ci chiediamo dove ho sbagliato ecco queste sono piccole azioni di ostilità contro noi stessi: una voce dura, severa e crudele che nello sfondo della nostra mente giudica il nostro operato, impreca contro le nostre debolezze, sprona con forza ad andare avanti pena il fallimento, incita alla lotta contro il mondo pena la sottomissione, insinua il dubbio contro la purezza di un amore pena l’essere preso in giro dall’amato, una voce che sibila quando sei sbagliato ed è per colpa tua se le persone intorno a te ti imprecano contro. Una voce che, a volte, si presenta a toni alti, a volte è solo un suono lontano ma che è li sempre presente, fredda, cinica e distante, crudele!
Perchè questa severità nel dialogo contro se stessi? Perchè senza questa voce l’alternativa che percepiamo è quella poi di diventare persone melense, autoindulgenti, egoisti e prive di determinazione, di instupidirci. Così ci teniamo la voce e compensiamo con il cibo, il bere, il lavoro, il sesso senza amore.
Se cambiamo punti di vista scopriamo che la durezza di questa voce è piccolo grande nemico interiore che sottovalutiamo. È dura contemplarlo ma a volte siamo i peggiori nemici di noi stessi!
Gli atti di gentilezza verso noi stessi sono il primo passo verso l’ammorbidimento del dialogo interiore. Piccole gentilezze quotidiane come rallentare il ritmo del corpo in alcuni momenti, riconoscere la propria dignità e smetterla di negoziarla in cambio di approvazione o di denaro, imparare a guardare la nostra “finitezza” con occhi gentili è quanto di più energetico e potente esista dentro di noi. Possiamo finalmente smettere di essere ostili perché convinti di non essere abbastanza forti, abbastanza furbi, abbastanza in gamba, abbastanza “buoni” (usciti buoni dalla fabbrica). Gli attacchi del mondo esterno sono di gran lunga più deboli della forza negativa che esprime quella voce ostile dentro di noi.
E’ però inutile andare contro questa voce! Tentare di non sentire questa voce mangiando troppo, bevendo troppo o lavorando troppo, fumando una sigaretta. Inutile e tentare di cacciarla via, di sbraitarci contro.
Occorre andare incontro a questa voce, guardarla e risponderle con gentilezza e compassione, cioè con affetto! Dichiarare pace all’ostilità contro noi, la guerra è finita.
Quando proviamo emozioni dure, difficili come la tristezza, l’abbandono, il rifiuto, o semplicemente la rabbia proviamo a porci domande gentili come: “Di cosa ho veramente bisogno in questo momento?” Forse la risposta non arriva, forse è confusa, ma se restiamo in ascolto di noi stessi, se pazientiamo la risposta arriva. Quando ci predisponiamo all’ascolto di noi stessi, alla percezione non giudicante di ciò che accade dentro di noi liberiamo energia. La capacità di porci una domanda gentile porta l’attenzione verso noi stessi e una parte dello nostra energia motivazionale bloccata a guerreggiare con questo giudice interno si libera e ci aiuterà a trovare la nostra strada in quel momento e in quella situazione. Questo è il primo passo per canalizzare l’energia buona dell’amore verso una crescita interiore, ma è anche il primo passo per canalizzare l’energia della sofferenza in qualcosa di buono per noi e per il mondo.
Altro che diventare autoindulgenti, procrastinatori, egoisti o instupiditi ! Scopriremo che siamo in grado di realizzare ogni giorno nel modo migliore il nostro lavoro, che possiamo uscire dalla dipendenza affettiva che ci ha portati a negoziare la nostra dignità per goderci la capacità di amare in modo incondizionato e quindi scegliere da chi vogliamo ricevere amore. Ecco allora che il bisogno di cibo in eccesso si affievolisce, la sigaretta resta un abitudine più che un bisogno e quindi è più facile dismetterla e il lavoro è un’occasione di espressione di sè e non una colpa da espiare.
Buona gentilezza a tutti.