La prima ondata è stato un pugno in faccia. Eravamo increduli, era inconcepibile uno sviluppo pandemico del contagio e questo ha generato smarrimento, ha generato dolore e senso di impotenza. Ci siamo ritrovati limitati nelle nostre scelte di vita, bloccati e spaventati. Questo evento imprevisto, imprevedibile ha creato un senso di impotenza rispetto alla nostra solita capacità, cui eravamo abituati, di agire e influenzare la realtà che ci circonda al fine di realizzare i nostri progetti. La prima ondata è stata un trauma. Ci siamo confrontati con la nostra finitezza, con le nostre paure più profonde; paura della morte, paura del dolore, della sofferenza! Un trauma non uguale per tutti!
Chi già nella prima ondata ha incontrato il dolore della perdita di una persona cara, senza neanche un saluto, non l’ultimo abbraccio; chi, nella prima ondata, ha subito l’allontanamento dai genitori anziani e il senso di vuoto che lascia la solitudine invincibile, si il trauma lo ha vissuto nella sua potenza, nella sua ferocia.
E’ un trauma di cui si rinasce solo con fatica, con l’aiuto di qualcuno, perché la tua vita è cambiata per sempre. Bloccarsi nella rabbia o nella tristezza invasiva blocca la nostra congenita capacità psichica di rinascere. E chi ha subìto un trauma sa che o rinasci o rischi di perderti nell’inferno del rimorso o del rimpianto, rischi di ardere costantemente nel fuoco della rabbia. Chi ha subìto un trauma sa che o rinasci o rischi di restare ibernato per tutta la vita nella paura. Rinascere è sentire che la tua vita e tu stesso sei cambiato per sempre! Rinascere significa cambiare la rotta e dirigersi dentro se stessi anziché continuare a vivere fuori da se stessi.
Ci rendiamo conto della rinascita perchè ciò che prima era scontato ora non lo è più. Ciò che era routine, non percepito improvvisamente appare bello, ricco e nutriente. Il sole caldo sul viso, il saluto di un amico caro, apprezzi la dolcezza di quei “momentini minuscolini” di felicità. La consapevolezza dolorosa della nostra fragilità, del nostro essere impotenti davanti alla forza della natura, la perdita del controllo della nostra vita, l’impatto freddo e gelido con i limiti nella nostra esistenza e del nostro corpo ha lasciato un segno. Da questo trauma si rinasce cambiati, diversi, più autentici. Si rinasce con un maggiore senso di equanimità. Diventiamo autenticamente forti perché in grado accettare che quello che è piacevole adesso potrebbe rivelarsi in futuro non così positivo e che quello che oggi sembra spiacevole potrebbe portare un beneficio futuro. L’equanimità è la capacità di saper aspettare quando ci sono gli eventi spiacevoli e non aver la tentazione di trattenere i momenti piacevoli.
Saper attraversare l’incertezza significa rinunciare a dare noi la direzione alla vita: “non provare a prolungare la permanenza delle cose piacevoli né affrettare la dipartita delle cose spiacevoli. Fare ciò è muoversi nel tempo con la vita, essere in perfetto accordo con la sua musica mutante”. (A. Watts). La rinascita porta sempre con sé un incremento di saggezza.
Chi invece ha avuto paura, ma non ha perso, chi ha avuto una contrazione della sua libertà, ma poi l’ha ritrovata grazie ad una estate calda e accogliente, chi pur rimboccandosi le mani, ha ridato una dritta alla sua vita con la seconda ondata rischia la recidiva del trauma. Il primo trauma infatti non ha stimolato il processo di gaurigione.
Infatti l’estate è stata vissuta come l’annuncio della fine di un incubo. Notizie in merito ai vaccini in arrivo, insomma è prevalso un approccio che ci ha riportati a quello che è un po’ la nostra visione del mondo: quello di potere controllare tutta la nostra esistenza, controllare l’andamento delle malattie, abbiamo presto dimenticato cosa significa fare esperienza della nostra fragilità, dei nostri limiti. Abbiamo presto dimenticato (chi non ha subito gravi perdite) cosa significa convivere con la possibilità di perdere ciò che abbiamo di più caro, abbiamo smesso di contemplare la nostra finitezza come possibile.
Per questa ragione la seconda ondata pur prevista giunge comunque come inattesa, ed essa ha un impatto emotivo più profondo della prima ondata.
Ci costringe, anche se non abbiamo sofferto il dolore della perdita di qualcuno vicino a noi, ad abbandonare il concetto di “guarigione veloce”, di controllo, di potenza. Dopo la prima ondata abbiamo sperimentato, come piace dire a a chi si occupa di psicologia, una forma di resilienza. Termine mutuato da altre discipline che vuol dire come da un punto di vista meccanico dopo una pressione l’oggetto in questione riprende le sue normali funzionalità. Siamo tornati a fare quello che facevamo prima della pandemia: organizzare, pianificare, puntare verso obiettivi professionali e personali sempre un passo avanti a noi. Siamo tornati ad esprimerci con gli stessi atteggiamenti: occupare il tempo con tante cose da fare, acquistare oggetti rassicuranti, riempire con attività di svago le giornate libere per evitare l’impatto con la solitudine e il vuoto. La resilienza però non è guarigione del trauma. La guarigione del trauma porta ad un ampliamento della coscienza: vediamo noi stessi, ciò che siamo stati e ciò che saremo da una posizione più elevata.
La recidiva del trauma ha delle conseguenze più profonde della prima esperienza perché ci costringe, anche in mancanza di dolori acuti e inevitabili, ad accettare l’inevitabilità delle nostre fragilità, il fatto che la morte non riguarda solo gli altri ma può riguardare anche noi e la nostra consapevolezza ampliata che giunge a contemplare accanto alla vita anche “sorella morte” come diceva Francesco D’assisi.
Quando tocchiamo le cosiddette angosce esistenziali sperimentiamo quel sentirci piccoli e senza terreno su cui poggiarci. Per sentirci nuovamente interi, sicuri dobbiamo trovare nuove radici, nuovi terreni meno franosi e fangosi su cui costruire la casa della nostra interiorità. E’ il sentimento di essere lasciati cadere senza alcun gancio protettivo, abbandonati a noi stessi, senza più avvenire. È un panico intrecciato a un vissuto profondamente depressivo.
Si perde quella hybris che nel mondo greco caratterizzava gli uomini che sfidavano la potenza degli dei e che noi possiamo riconoscere come arroganza con cui impostiamo la tutta nostra vita pensando di poter sopperire a tutto. Arrogante dal latino arrogare cioè “attribuirci ciò che non ci spetta”.
Cosa c’è di buono in questa esperienza? Come possiamo recuperare il nostro equilibrio psichico? Come non lasciarci imprigionare dalla paura?
Apprendere l’arte di entrare in contatto con le nostre finitezze e le nostre fragilità, direi amandole; non accettazione passiva, ma come fenomeno reale della nostra identità, ci permette di vivere con gusto e con gioia le piccole esperienze di vita. “Forse vi sono momentini minuscolini di felicità, e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte”, diceva Totò in merito al tema della felicità.
Facciamo fatica ad entrare in contatto con l’essenziale della nostra vita perché “l’essenziale è invisibile agli occhi” come diceva il piccolo principe nel romanzo di Antoine de Saint Exupery.
Contemplare l’essenziale significa cominciare a dare valore ai momenti sobri della vita e sentire riverberare nel corpo la piacevolezza degli stessi, sentire come il silenzio dentro di noi è pieno di emozioni, smettere di pretendere in modo arrogante che l’altro corrisponda alle nostre aspettative, ma abituarsi ad incontrare e accogliere la diversità dei nostri figli, la diversità di chi amiamo. Far riverberare nel corpo il senso di gratitudine verso chi fa qualcosa per noi, godere nel dare una mano a chi in difficoltà ci chiede “ascoltami”. Contemplare l’essenziale significa che forse è giunto il momento di smettere di cambiare ciò che non si può cambiare, di lasciare andare la realtà per come essa si presenta e non per come noi vorremmo che fosse.
Quando smettiamo di imporre il nostro volere anche nella realtà così come è notiamo delle opportunità. Il limite tra lasciar andare e il lassismo è nella consapevolezza della scelta. Scegliere in modo consapevole significa aver attraversato la fatica dell’incertezza, incertezza come apertura alla possibilità che nasce dallo stare negli opposti: desiderare ardentemente qualcosa e il dolore del mancato soddisfacimento del desiderio. Il lassismo è frutto di una reazione istintiva, un modo per evitare la fatica della scelta e soprattutto evitare il dolore che deriva dal non aver potuto soddisfare un proprio desiderio.
Guarigione del trauma è un percorso che richiede il tempo necessario per rimarginare ferite e medicazioni costanti necessari e per lenire la sofferenza che infliggiamo crudelmente a noi stessi. Non è una guarigione veloce, non è riprendere le vecchie modalità di funzionamento, di quando stavamo bene. Guarigione del trauma è ampliamento di consapevolezza e scelta di nuove modalità di essere al mondo.