La padronanza di sé è la capacità di reagire in modo appropriato alle necessità della vita, all’ambiente che ci circonda, tenere conto delle nostre motivazioni profonde e mantenere alta la capacità di dare un significato alle proprie risposte emotive, garantire un “senso di integrità” della propria persona.
Quando la realtà ci pone dei limiti che non riusciamo a gestire prevale un senso di impotenza, ci sentiamo “privati del nostro potere, cioè della nostra forza” . In queste circostanze tendiamo ad incrementare il senso di potenza forzando il controllo della realtà, opponendoci o resistendo a ciò che accade dentro e fuori di noi. In altre parole facciamo di tutto per cambiare le cose. Le cose non sempre vanno come vorremmo. In queste più che controllare la realtà occorre padroneggiare la nostra abilità di gestire quello che sta accadendo. In realtà quello che accade poiché “è accaduto” non si può cambiare, possiamo solo rimodulare il nostro fare.
Per esempio se non voglio litigare mi adeguo prontamente prontamente alle richieste del mio interlocutore. Se voglio fare bella figura durante una riunione per mantenere il controllo sulle reazioni del pubblico mi preparo per bene. Tutto questo funziona perchè mi aiuta a raggiunge gli obiettivi e si chiama capacità di controllo. La parola controllo viene dal francese “contrôle” che significa contro registro, quindi registro tenuto in doppia copia, composto da “contre” contro e “rôle” registro. Cioè grazie alla capacità di controllo monitoriamo la realtà e facciamo in modo che corrisponda alle nostre aspettative. Quando, però, non possiamo cambiare ciò che accade con ciò che vorremmo accadesse tendiamo ad arrabbiarci pretendendo che le situazioni volgano come sarebbe meglio per noi o tendiamo a bloccarci per la paura di non farcela a gestire le situazioni impreviste. Se scaviamo ancora più in profondità troviamo emozioni ancora più difficili come la vergogna, la colpa, l’umiliazione. Vorremmo non litigare, facciamo di tutto per adattarci alle esigenze dell’altro, ma la persona continua in modo ostinato a provocare. Mi preparo per fare una bella figura in un meeting ma il pubblico è stanco e non partecipa attivamente alla mia relazione.
Quando non ci sentiamo padroni dei nostri sentimenti, dei nostri pensieri perdiamo il senso di integrità, ci sentiamo impotenti e in balia degli eventi.
Quando forziamo la capacità di controllo (spingiamo affinchè le cose prendano la direzione voluta da noi) continuiamo ad illuderci di poter esercitare la nostra influenza sulla realtà, ma rischiamo di non vedere l’evidenza (il pubblico alla mia conferenza si sta annoiando), sentirsi inadeguati (ho preparato male la relazione), attribuire la colpa di tutto agli altri (mi hanno messo come ultimo relatore). Questo tipo di controllo non ci aiuta a risolvere la situazione. Più che controllare è più utile interagire con ciò che c’è, ottenendo qualcosa di buono per noi!
Allo stesso modo non possiamo controllare le nostre emozioni quando si manifestano pretendendo che svaniscano nel nulla. Le emozioni sono dovute a reazioni neurofisiologiche del corpo e si scatenano automaticamente. E’ come voler controllare il processo di digestione o il battito cardiaco.
Controllare NO, ma acquisire e sviluppare PADRONANZA SI’
L’imperativo di controllare, piegare la realtà alle nostre aspettative ci rende privi della nostra libertà di scelta. Diventiamo schiavi del nostro bisogno di volere una situazione diversa da quella che è. Ci ossessioniamo con l’idea di inseguire la gioia quando siamo tristi, o pretendiamo comportamenti diversi nei nostri confronti, in alcuni casi pur di ottenere quello che vogliamo aggiriamo delle norme. In tali circostanze la pratica della padronanza di noi stessi ci rende “surfisti sull’onda” così come essa si presenta.
Padróne dal latino patrōnus «protettore, difensore» e da cui deriva il significato di padronanza come “Qualità di chi, per naturale disposizione, abilità e lunga pratica, conosce ed esercita un’arte, una professione o una determinata attività […] con padronanza assoluta dei mezzi tecnici a essa relativi: disegnare, scolpire con perizia; sciare, cavalcare con padronanza”[1]
Quando il surfista nell’incontro con l’onda così come essa si presenta momento per momento si abbandona alla sua abilità e padroneggia se stesso adatta la sua energia a quella che sprigiona l’onda, l’esperienza è una meravigliosa sintonia tra l’onda e la abilità.
Padrone è colui che difende e protegge se stesso nel bene e nel male. La padronanza si esprime nella capacità di vivere le emozioni difficili come tristezza, impotenza, paura e dolore tanto quanto quelle facili e piacevoli, trionfo entusiasmo soddisfazione.
Nessuna emozione e nessuna realtà è funzionale al nostro benessere quando prescinde dalla nostra padronanza. Le emozioni e i pensieri non si posso controllare, ma si possono padroneggiare.
Per sentirci integri abbiamo bisogno di sentirci “padroni di noi stessi” cioè capaci di padroneggiare emozioni di qualunque tipo. Padroni dell’arte di farci attraversare e di incanalare consapevolmente l’energia motivazionale che scaturisce dalla nostra ambizione, dalla voglia di combattere, dal desiderio di realizzare e agire nel mondo, dalla curiosità di esplorare nuovi punti di vista, la ricerca di opportunità che ci diano la possibilità di esprimere il nostro talento.
Per sentirci pienamente padroni di noi stessi abbiamo bisogno non sentirci sopraffatti da paura, rabbia, sconforto, la vergogna, la colpa, l’umiliazione. Non perdiamo la consapevolezza di ciò che ci sta accadendo ma ci sentiamo in grado di scegliere di agire azioni coraggiose come riprovare, capire cosa fare di diverso per realizzare il proprio progetto, azioni come saper attendere il tempo opportuno, saper chiedere aiuto, saper dare aiuto.
Il surfista quando incontra l’onda, per definizione imprevedibile, sente eccitazione, coraggio, trionfo, ma anche paura, tristezza, scoramento, impotenza senza restarne sopraffatto. A volte cavalca l’onda a volte no, intanto allena la sua padronanza.
Cosa blocca lo sviluppo della padronanza di sé
Poiché tante volte nella vita abbiamo avuto occasione di sentirci impotenti e privi della nostra padronanza abbiamo “indurito” la mente e il corpo nel tentativo di controllare gli eventi. Cioè abbiamo opposto resistenza al flusso degli eventi. Abbiamo indurito la mente attraverso “pensieri sfondo” (pensieri che abitano la nostra mente e di cui non siamo chiaramente consapevoli ma che invalidano eventuali pensieri costruttivi. I pensieri sfondo sono diventate abitudini mentali e si manifestano attraverso il dialogo interiore con frasi come “non è giusto”, non ce la farò”, “la vita è dura”, “nessuno si prende cura di me”, ho fatto tutto questo per nulla”, “sono sfortunato”, e tante altre.
Quando si presentano questi pensieri dobbiamo evitare di identificarci con essi. Non li possiamo evitare, perchè essi si formano da soli, ma possiamo evitare di diventare i nostri pensieri.
Un semplice esercizio ci aiuta a non identificarci, basta dire: “ora mi attraversa il pensiero ” “come farò” che mi fa angoscia, oppure pensiero come “non sono trattato equamente” che mi fa provare umiliazione.
Nel tentativo di opporre resistenza alla realtà abbiamo anche messo in tensione alcune zone del corpo che si sono “indurite” tutte le volte che sin da piccoli ci siamo sentiti impotenti. Si il corpo è abituato ad opporre resistenza alla realtà quando questa non va nella direzione giusta: stringiamo i denti, induriamo le spalle, tensioniamo il cuore, limitiamo la cassa toracica nella respirazione, irrigidiamo i muscoli della cervicale, contorciamo le viscere, indeboliamo le gambe.
Mente e corpo viaggiano insieme. Ammorbidire la tensione che abita i “distretti induriti” del corpo restituisce un senso di padronanza: sentiamo che abbiamo fatto qualcosa per riappropriarci dello “spazio” e che siamo stati noi – con il sostegno del nostro psicoterapeuta – a farlo.
Questa sensazione di padronanza di Sè è connessa all’aver riattivato la propria muscolatura e la consapevolezza corporea e può essere sperimentata attraverso alcuni esercizi che contemporaneamente ammorbidiscono le zone del corpo indurite e al tempo stesso fanno scivolare via i pensieri sfondo.
Quando siamo costretti all’impotenza la prima cosa da fare è ritrovare il nostro “sentimento di integrità” fonte di padronanza. Quando ritroviamo il senso di integrità sentiamo calma e forza allo stesso tempo.
Immaginate un surfista che oppone resistenza all’onda? Ha sbagliato disciplina. Il surfista esprime le sue abilità perché “incontra” l’onda, così come è.
Allora cominciamo ad ammorbidire soprattutto i distretti corporei che sentiamo tesi quando arrivano certi pensieri e si scatenano emozioni difficili. Portiamo l’attenzione della nostra mente mente al respiro e moduliamo il respiro in modo calmo e regolare. facciamo tre o quattro respiri calmi e regolari e poi osserviamo qual è la zona del corpo o quali sono gli organi che si irrigidiscono. Se il cuore è carico di tensione allora possiamo lasciare che questa tensione cardiaca si ammorbidisca abbandonandoci ad essa, consapevolmente ammorbidire, cullare il cuore, far passare ispirazione ed espirazione dal cuore. Così per tutti gli altri distretti del corpo tesi. Se questa tensione richiama rabbia o dolore facciamo fluire, per un po’, anche le emozioni difficili. Se sentiamo le viscere contratte lasciamo andare via il controllo e ci riprendiamo la padronanza delle viscere ammorbidendo le tensioni.
Ecco allora la nostra pratica: ogni giorno in qualunque contesto e luogo restiamo consapevoli delle tensioni del corpo e ammorbidiamo la muscolatura magari respirando consapevolmente in modo calmo e regolare e distendendo la zona del corpo che abbiamo indurito a causa dell’impulso a controllare l’ambiente.
Questo possiamo farlo da soli, con l’aiuto dello psicoterapeuta possiamo poi scendere nelle profondità della nostra anima (personalità) e toccare le radici del nostro tentativo di controllare la realtà per sbloccarci definitivamente. Sentimenti che spesso sono nascosti da emozioni opposte quelle che sono frutto della nostra resistenza alla realtà delle cose: abbiamo paura e mostriamo rabbia, ci sentiamo umiliati e mostriamo orgoglio, ci sentiamo colpevoli e mostriamo tristezza. La possibilità di comprendere le emozioni in profondità, quelle coperta dalle emozioni superficiali ci permette di passare dalla modalità “fare” (io sono se faccio qualcosa) alla modalità “essere” ( io sono in quanto esisto).
La padronanza di sè significa essere testimoni senza giudizio di quello che accade nel corpo, le emozioni che ne scaturiscono e i pensieri che nascono. Quando siamo padroni di noi stessi, padroneggiamo appunto quello che c’è, scompare la resistenza ad gestire la realtà. Resistenza dovuta alla paura di non riuscire, o per la vergogna, l’umiliazione che si sviluppa al solo al pensiero del fallimento. Accettazione della propria vera natura, la libertà di essere ciò che si è istante per istante, una capacità di attraversare il tempo dell’attesa ritrovando dentro di sè calma, tranquillità e positività.
Arrendersi al corpo significa significa sentire tutta la resistenza del corpo nello sforzo di opposizione: stringere mascella, collo, spalle, torace, schiena, gambe.
Le tensioni muscolari croniche sono responsabili del blocco emotivo e mentale che ci priva dell’energie vitali proprio quando ne abbiamo bisogno perchè opponendo resistenza sostituiamo il controllo esterno alla padronanza di sé.
Irrigidire il corpo nello sforzo di opporci non ci permette di provare comprensione verso noi stessi, rinforzando il senso di impotenza, ci sentiamo “preda dei venti”. Nel tempo questa tensione, cronicizzandosi, fa perdere la percezione chiara del dolore e della sofferenza. Una percezione che può riaffiorare solo se stando con le emozioni difficili sviluppiamo nella nostra mente un dialogo compassionevole e di affetto verso noi stessi. Dobbiamo riprendere quell’affetto per quella parte di noi bambina o bambino che un tempo sapeva godere del tempo e delle cose che aveva a disposizione, sapeva piangere e poi rialzarsi per conquistare nuove mete.