Una ricerca condotta da Black Dog Institute e pubblicata su Lancet Psychiatry dimostra che eliminando le situazioni di tensione sul posto di lavoro, si potrebbe evitare fino al 14% dei casi di malattia mentale come la depressione, lo stato di ansia generalizzato.
Galimberti già qualche anno fa scriveva sul fatto che nella società dell’efficienza la depressione più che da un prolungato senso di colpa è la conseguenza del protrarsi di sentimenti di inadeguatezza rispetto agli ideali di efficienza dettati da modelli organizzativi e sociali incentrati sulla performance: se raggiungi gli obiettivi e corrispondi all’immagine di uomo o donna di successo allora sei “visto”, seguito, apprezzato. In caso contrario non esisti, non sei nessuno.
La deduzione di Galimberti trova riscontro anche in una ricerca condotta da Black Dog Institute e pubblicata su Lancet Psychiatry. L’alta tensione lavorativa è associata ad un incremento del rischio nello sviluppare disturbi mentali comuni, come la depressione e l’ansia tra i lavoratori di mezza età. Sono stati analizzati i dati sulla salute del National Child Development Study del Regno Unito, un ampio studio longitudinale. Esaminando 6870 partecipanti, si è visto in quale tipologia di casi le persone che vivevano in ambienti lavorativi caratterizzati de tensione a 45 anni, avessero un rischio maggiore di sviluppare malattie mentali come la depressione o forme di ansia incontrollata a 50 anni.
I livelli di stress lavorativo, sono stati rilevati facendo compilare ai partecipanti 45-enni questionari, testando fattori quali l’autorità decisionale (la capacità di prendere decisioni sul lavoro), la discrezione delle abilità (l’opportunità di usare le abilità durante il lavoro) e domande sul ritmo di lavoro, l’intensità e le richieste contrastanti.
Nello studio sono stati valutati i fattori non inerenti all’ambito lavorativo, come il divorzio, i problemi finanziari, l’instabilità abitativa e altri eventi stressanti della vita come la morte o la malattia. nei modelli di sviluppo sono stati gestite variabili come temperamento individuale e personalità dei singoli lavoratori, quoziente intellettivo, livello d’istruzione, problemi di salute mentale già presenti e una gamma di altri fattori presenti nella loro giovinezza. All’età di 50 anni poi, i partecipanti hanno completato il questionario “Malaise Inventory”, una scala psicologica, utilizzata nelle indagini sanitarie per indicare i sintomi della comune malattia mentale.
I risultati finali suggeriscono che coloro che hanno maggiori esigenze lavorative, un minore controllo del lavoro e una maggiore tensione lavorativa hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie mentali all’età di 50 anni, indipendentemente dal sesso o dalla classe lavorativa.
I fattori di rischio psicosociale causa della presenza di Stress Lavoro Correlato sono: supporto dei colleghi, supporto dei responsabili, equilibrio casa-lavoro, possibilità di controllo sulle decisioni e sui ritmi lavorativi, cambiamenti organizzativi e richieste di lavoro. La gestione efficace dei questi fattori può ridurre del 14% il manifestarsi di malattie mentali negli anni successivi.
Per comprendere la gravità del fenomeno occorre avere una visione longitudinale nel tempo. Non si fa riferimento a singoli episodi o situazioni eccezionali. Per attraversare e superare queste condizioni difficili occorre un buon grado di resilienza. Le stesse esperienze negative diventano occasione per conoscere meglio se stessi sviluppare nuovi modi di essere al mondo. Il fenomeno stress lavoro correlato è condizione continuativa e pervasiva che si protrae nel tempo e che, come spiegano le neuro-scienze, rinforza le connessioni neurali tra l’amigdala (sede delle emozioni come la paura, la rabbia, la tristezza, la colpa, il disgusto) e il lobo pre-frontale (sede del pensiero, della prospettiva e della pianificazione). Il procrastinarsi di situazioni che generano emozioni negative rinforza l’influenza dell’amigdala sul lobo pre-frontale riducendo la competenza di pensiero creativo, la capacità di valutazioni prospettiche positive, la capacità di pianificazione di lungo periodo. Tali facoltà del lobo pre-frontale si riducono quando arrivano segnali di allerta attraverso stati di attivazione neurali come ansia, paura, rabbia. Queste emozioni sono funzionali alla sopravvivenza in quanto attivano pensieri e ragionamenti orientati a gestire azioni di attacco contro il mondo o alla fuga dalle situazioni pericolose. Questi pensieri e valutazione sono molto utili per sopravvivere in una prospettiva di ambiente pericoloso per la vita, ma se si allena il cervello solo in questa parte, la zona del cervello deputata alla generazione di emozioni positive (ippocampo) come fiducia, speranza, compassione, benevolenza si atrofizza, non funziona bene, non si attiva più neanche quando sono assenti i segnali di pericoli. Il pensiero creativo, la capacità di valutazione prospettica della realtà e la capacità di pianificazione di lungo periodo si attivano in presenza di emozioni positive. Questa parte del cervello è quella deputata a trovare soluzioni creative, pianificare azioni coraggiose, scoprire nuove modi di guardare il mondo. Quando sono attive le connessioni neurali tra ippocampo e lobo pre-frontale lo stato soggettivo percepito è di calma e benessere interiore e il pensiero generato è qualitativamente ricco di idee, prospettive, nuovi modi di gestire la realtà.
Il management può e deve prendersi cura di creare ambienti lavorativi sani, con livelli di tensione tollerabili nel tempo. I manger che gestiscono le organizzazioni devono dunque intervenire su tre livelli al fine di garantire e alimentare ambienti di lavoro stimolanti, produttivi in cui si vivono condizioni di Eu-stress, cioè tensione vitale e generativa di idee e azioni creative:
- Benessere a livello organizzativo (misurare le condizioni di stress lavoro correlato, potenziare i sistemi di welfare aziendale, progettare processi organizzativi in grado di valorizzare le persone)
- Benessere a livello di gruppo (inserire sistemi di gestione del personale in grado di creare metodo nei processi di conduzione dei gruppi di lavoro, inserire percorsi di formazione per il potenziamento delle soft skills relazionali e gestionali)
- Benessere a livello individuale (supporto individuale attraverso sessioni di psicoterapia del benessere, che ha come obiettivo quello di supportare le persone a ritrovare la forza di rielaborare le esperienze di vita positive o negative in modo funzionale al raggiungimento di forme di adattamento creativo alla realtà funzionali alla vita e al benessere.
E’ molto utile mettere a disposizione di ciascun collaboratore figure competenti per elaborare aree di consapevolezza di sè e significati della propria vita sempre più ampi. La psicoterapia del benessere è una dimensione della psicoterapia che ha come obiettivo quello di supportare le persone a ritrovare la forza di rielaborare le esperienze di vita positive o negative in modo funzionale al raggiungimento di forme di adattamento creativo alla realtà funzionali alla vita e al benessere.
Gli indicatori osservabili e misurabili di benessere organizzativo sono (Avallone, Paplomatas, 2005):
Senso di appartenenza (Dà indicazione di soddisfazione per sentirsi parte di un team e ne condivide la mission)
Voglia di impegnarsi per l’organizzazione (Desiderio di lavorare per l’organizzazione, anche oltre il richiesto, voglia di fare il più possibile e di riqualificarsi, se richiesto, nell’organizzazione)
Voglia di andare al lavoro (Piacere quotidiano piacere nel recarsi al lavoro, “nessun senso di peso” nel recarsi il giorno al lavoro)
Elevato coinvolgimento (Sensazione di essere importanti per l’azienda; di essere stimati e tenuti in considerazione).
Speranza di poter cambiare le condizioni negative attuali (Fiducia nelle proprie possibilità di poter suggerire o contribuire con il management per superare criticità osservate)
Rapporto tra vita lavorativa e privata Compatibilità tra gli impegni di lavoro e il tempo richiesto dalla propria vita privata (esigenze familiari, studio, ho
Relazioni interpersonali (Ottimo rapporto con i colleghi, caratterizzato dal buon andamento dei rapporti lavorativi, ma anche da una buona relazione extra lavorativa: amicizia, cordialità, condivisione dei coffe-break e delle pause pranzo, etc.)
Valore della gerarchia (Condivisione del ruolo che intercorre tra superiorità gerarchiche e subordinati e dei valori generali espressi dall’organizzazione).
Immagine del complesso dell’organizzazione (Fiducia nelle capacità realizzative dell’organizzazione, dell’efficacia e dell’efficienza della sua azione)
Bibliografia
Avallone, F. Bonaretti, M. (2003). Benessere organizzativo. Per migliorare la qualità del lavoro nelle amministrazioni pubbliche, Progetto Cantieri
Galimberti, U. (2002), Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica, Feltrinelli
Avallone, F Paplomatas, A. (2005) Salute organizzativa. Psicologia del benessere nei contesti lavorativi, Raffaello Cortina