Dante ci propone con la Divina Commedia un “viaggio” che possiamo leggere, a seconda delle tappe della nostra vita come un viaggio individuale nella nostra interiorità o viaggio collettivo di un’intera società che attraversa fasi di importanti cambiamenti o che deve fronteggiare pericoli o guerre intestine.
Dante sceglie Virgilio e ci propone di affidarci nei momenti bui al pensiero di chi , come Virgilio, con dolcezza, nei momenti bui, connette il mondo delle cose terrene con la dimensione spirituale a cui anela la nostra Anima. Virgilio compone nel I secolo a.C. l’Eneide, poema che narra del pericoloso viaggio di Enea nell’oltretomba. Attraversare la sofferenza, sentirsi impigliati nelle reti dei pensieri ossessivi, ritrovarsi nel disorientamento che provoca la perdita di tutte le certezze può essere “guarito” solo attraverso la consapevolezza di guardare dall’esterno ciò che ci accade senza perdere il contatto profondo con ciò che ci accade e dando alle nostre esperienze significati che vanno al di là dei nostri usi e costumi terreni, ma che acquisiscono il sapore di universalità. Virgilio è il poeta che vissuto nel I secolo a. C. propone con lucida razionalità nella sua opera la possibilità di cogliere come l’ordine terreno corrisponde ad un ordine divino.
Perchè poi nel paradiso Dante lascia Virgilio e sceglie Beatrice? Per uscire dalle oscurità abbiamo bisogno di una Guida che sa cogliere nella sofferenze e nella difficoltà il nostro sentirci comunque”scintille divine” e ci guida liberandoci di paradigmi mentali limitati, e da vissuti emotivi intrisi di colpa, inadeguatezza, ira e rancore. Quando questo viaggio è compiuto e siamo pronti per entrare nell’Empireo, entrare in contatto con la potenza dell’incontro con Dio, intrisi di un senso di beatitudine, sperimentiamo l’illuminazione, come in una Epifania ai nostri occhi si manifesta il senso di sentirsi parte del progetto divino, allora abbiamo bisogni di essere guidati dall’Amore. L’incontro con Beatrice diventa il punto di svolta della consapevolezza di Dante, la cui vita è, da quel momento “rinnovata dall’amore”.
Dante di Beatrice canta la dolcezza del suo sguardo, “che ‘ntender no la può chi no la prova”, la bellezza del suo volto, la grazia e la modestia dei suoi gesti. E’ proprio quell’Amore vissuto come esperienza che eleva la nostra anima anzichè travolgerla, ci solleva dal tempo e dello spazio di una relazione terrena per condurci in una relazione estatica con ciò che è divino.
Possiamo dunque dire che la Sofferenza e l’Amore sono due facce della stessa medaglia, “forme di intensità emotive” che possono travolgerci rendendo la nostra vita “un inferno” o, attraverso la consapevolezza, incarnata da Virgilio e l’ Amore Universale incarnato da Beatrice possiamo compiere il nostro viaggio che parte dal disorientamento per arrivare all’incontro con la Luce divina.